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La reintegrazione del possesso circa il bene comune è una pratica che avviene per mezzo di un giudice, entro un anno dal verificarsi dell’impossessamento delle parti comuni ad opera di un soggetto che le utilizza come se fossero esclusivamente sue. A seconda della fattispecie, la reintegrazione può essere clandestina ( avviene attraverso atti che non possono essere a conoscenza dello spogliato) o violenta (con azioni arbitrarie). Attraverso questo tipo d’intervento, il giudice ha l’obiettivo di tutelare il possesso ma non la proprietà, il quale può essere fatto valere sia dal proprietario della cosa e sia da chi lo detiene (in questo caso il condomino). Per quanto riguarda la figura del proprietario, in caso di contestazione, esso deve essere in grado di provarne il possesso. Per evitare che si creino problemi di questo tipo, l’amministratore condominiale deve vigilare costantemente sui condomini e costatare che esercitino il diritto di possesso nella maniera stabilita dalla legge, soprattutto per quanto riguarda le parti comuni.
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E' bene ricordare che l'impossessamento delle parti comuni ad opera di un singolo condomino, è un atto che si verifica se l’amministratore e i condomini stessi non ne chiedono un intervento repentino. La manutenzione del possesso, sotto un certo punto di vista può essere definita come l’azione inversa della reintegrazione. La manutenzione è regolata dall’articolo 1170 c.c. nel quale si evince la reintegrazione del diritto di possesso del bene nei confronti di un soggetto che è stato "spogliato" ma senza clandestinità o violenza, e quindi cessare le turbative e molestie a cui il soggetto stesso è stato sottoposto. In altre parole, la legge afferma che la manutenzione del possesso può avvenire nel momento in cui l’agente può provare che il suo atto arreca dei pregiudizi nel confronti del possesso altrui. Quest’azione può avvenire ad opera del possessore ed entro un anno dall’esercizio del possesso in maniera non interrotta e continuativa. Passato un anno, dalla decorrenza dello spoglio, la manutenzione decade.
L’impossessamento delle parti comuni, tra i tanti problemi che può arrecare agli altri condomini, presenta anche il rischio di usucapione. Questo si verifica nel momento in cui un soggetto usa in maniera incontrollata e continuativa la parte comune la quale, con il passare del tempo, diventa di proprietà del soggetto stesso. In alternativa all’usucapione si può verificare anche la servitù di passaggio. Un esempio di quest’ultima fattispecie è l’apertura di una porta che fa comunicare due appartamenti di un solo proprietario ma site in due diversi edifici confinanti. Per evitare che si creino queste condizioni, l’amministratore deve vigilare costantemente circa l’utilizzo delle parti comuni da parte dei condomini e intervenire nel caso in cui nota delle anomalie. Lo stesso vale per i condomini. Un esempio di usucapione è l’installazione di catene per crearsi la propria zona parcheggio all’interno dell’area comune condominiale. Se non si provvede a far eliminare queste barriere, e l’utilizzo della zona è continuativo e si protrae per un certo numero di anni (circa 10 anni) , il soggetto diviene proprietario di quell’area.
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