Distanze legali e piscine

Quali sono le distanze legali tra gli edifici confinanti

Innanzitutto, per inquadrare al meglio l'argomento trattato, è opportuno fare riferimento alla norma vigente in materia e quindi al dispositivo contenuto nell'articolo 873 del Codice Civile, che impone una distanza non inferiore ai tre metri tra costruzioni su proprietà confinanti.

Tale limite può soltanto essere aumentato dai regolamenti locali cioè quelli stabiliti dal singolo Comune di pertinenza e addirittura esso viene obbligatoriamente innalzato a 6 metri di distanza per gli edifici che si trovano in una zona sismica.

Del resto la ratio legis (cioè il fine ultimo) dell'art. 873 c.c. è di tutelare l'interesse pubblico per quanto riguarda l'igiene, il decoro e, appunto, la sicurezza delle costruzioni con particolare riferimento a quelle usate a scopo abitativo.

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Perché le piscine sono costruzioni esenti dal rispetto delle distanze legali

Per chiarire questo punto fondamentale, in primo luogo va precisato che cosa si intende per costruzione dal punto di vista giuridico: viene così definita una qualsiasi opera edile che risulti solida, stabile e immobile. Inoltre, questa la caratteristica più importante da tenere presente nella fattispecie, un'opera edile si definisce costruzione quando è completamente interrata.

Di conseguenza le piscine, ovviamente purché interrate (come peraltro si riscontra nella maggior parte dei casi) vanno considerate non incluse nella categoria delle costruzioni ai fini del già menzionato art. 873 c.c. e pertanto restano libere dal vincolo di distanza minima tra edifici confinanti imposto dalla norma in questione.

In più di una circostanza, sempre confermando in toto la conclusione di cui sopra, si sono già espressi al riguardo sia i TAR di varie regioni sia la Corte di Cassazione, come verrà trattato più dettagliatamente nei paragrafi successivi.

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Le più recente sentenza sulle distanze legali tra edifici confinanti

piscine Risale appena al 2 luglio di quest'anno una sentenza emessa dal TAR della Campania che ribadisce la non applicabilità dell'art. 873 c.c. per le piscine interrate, evidenziando che tale articolo ha soprattutto il fine di impedire che gli spazi compresi tra due costruzioni (le cosiddette intercapedini) possano diventare eccessivamente ridotti.

E' di tutta evidenza che intercapedini troppo strette tra gli edifici tendono ad essere zone poco igieniche, male arieggiate ed illuminate, quindi fatalmente rischiano di rendere meno salubri e sicuri gli edifici stessi.

Come d'uso, il TAR della Campania motiva la sua decisione anche richiamandosi a quanto già deliberato in materia, con particolare riferimento a due sentenze: la n. 428/1988 del TAR della Lombardia che qualifica una piscina come "un manufatto completamente interrato" e la n. 3200/2014 del TAR della Puglia in cui si conferma che "i piani interrati devono ritenersi esonerati dal rispetto delle distanze legali".


Distanze legali e piscine: Le piscine non interrate devono invece rispettare le distanze legali

Alla luce di quanto sopra esposto, ne consegue che se una piscina non è interrata ovvero la sua struttura sporge dal suolo, innalzandosi in misura sensibile rispetto al cosiddetto piano di campagna, viene considerata una costruzione a tutti gli effetti e come tale è tenuta a rispettare le distanze legali tra gli edifici.

Sempre a questo proposito, è senz'altro degno di nota un altro pronunciamento della Corte di Cassazione. La fattispecie presa in esame riguardava una piscina che era sì interrata però in un rialzo del terreno non preesistente ovvero creato artificialmente proprio a quello scopo. Nella circostanza la Cassazione ha ritenuto che tale innalzamento sul piano di campagna, funzionale alla realizzazione della piscina, va a qualificare quest'ultima come costruzione nonostante il suo interramento.

Nella sentenza in questione, la n. 13389 del 2011, la Corte di Cassazione infatti precisa che:"la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera".

Infine, estendendo il discorso anche a strutture per attività ricreative diverse dal nuoto, è sempre la Cassazione ad esonerare dagli obblighi delle distanze legali un campo da tennis ad uso privato. Infatti, nella sentenza n. 5956 del 1996, viene stabilito che non sono da ritenersi costruzioni né la superficie di gioco né gli elementi accessori intorno al campo, come la rete metallica di protezione, i pali d'illuminazione e il cordolo perimetrale in cemento, poiché essi risultano: " non idonei ad intercettare aria e luce ed a formare quindi intercapedini vietate dall'art. 873 c.c."

In particolare, la sentenza specifica che la rete metallica e i pali d'illuminazione non sono in grado di creare intercapedini a causa della loro stessa struttura e consistenza, mentre per quanto concerne il cordolo perimetrale si è ritenuto che fosse la sua modesta elevazione, pari a 20 cm circa, a renderlo non idoneo in tal senso.



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