La delibera condominiale si contesta con atto di citazione

Una nuova legge per poter impugnare una delibera condominiale

Lo scorso 18 giugno è entrata ufficialmente in vigore la riforma dei condomini, che ha introdotto alcune novità, e tra queste si nota la totale eliminazione nel testo legislativo del termine "ricorso". Nello specifico la legge fa una distinzione tra condomini astenuti o dissenzienti e condomini assenti alla votazione. Per i primi sarà possibile richiedere l'annullamento presso l'autorità giudiziaria entro e non oltre trenta giorni dal giorno in cui è avvenuta la delibera. Anche i secondi potranno usufruire di questi trenta giorni, ma a partire dal giorno in cui la comunicazione della delibera è avvenuta. Tale legge chiarisce inoltre che un'eventuale successiva richiesta di sospensione nei confronti dell'efficacia di una delibera avvenuta ha una natura esclusivamente cautelare, e di conseguenza è soggetta alle norme che solitamente regolano tali procedimenti. Chi presenta una denuncia per danno temuto o anche per nuova opera, e la si vede accettare, può considerarla un'anticipazione rispetto al giudizio che ne seguirà. Ciò però non vale in alcun modo in caso si ottenga una sospensiva di una delibera avvenuta nel proprio condominio. Per chiarire il concetto in termini più semplici e comprensibili si potrebbe dire che la sospensiva corre il rischio di perdere valore. Per evitare che ciò accada è necessario impugnarla in seguito. Nessun problema è sorto a riguardo del procedimento cautelare. I dubbi veri e propri sono nati quando si è dovuta affrontare la questione della forma in cui una delibera può essere impugnata.
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Forma corretta per impugnare una delibera condominiale

delibera condominiale Dal secondo comma dell'articolo 1137 è stata rimossa la parola ricorso, e a una prima interpretazione ciò non ha destato alcuna sorpresa. In molti anzi non hanno notato nessuna modifica sostanziale rispetto a quanto veniva precedentemente espresso nel testo risalente al 2011. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l'assenza di questo singolo termine non impedisce fondamentalmente in alcun modo di dare comunque inizio a un giudizio con seguente ricorso giudiziario. Tale epurazione però ha un preciso valore. Il fatto che non sia più presente il termine ricorso infatti indica l'assoluta impossibilità di sfruttare, in fase d'introduzione del giudizio, questa particolare forma. Tenendo conto che, già alla prima lettura della legge, si dà inizio in giurisprudenza alle annotazione di tutte le eventuali decisioni che risultino contrarie. In particolar modo lo scorso 23 gennaio è stata deliberata la sentenza numero 37 presso il Tribunale di Cremona, che impedisce categoricamente ogni impugnazione di qualsiasi delibera di un condominio che venga avanzata attraverso un ricorso. Questa sentenza si oppone al fatto che un'azione di questo tipo presentata con ricorso sia ritenuta valida esclusivamente grazie al cosiddetto "principio di conservazione degli atti". In tal caso però tale principio non può in alcun modo essere attuato, dal momento che l'atto in sé sarebbe comunque impossibilitato dal raggiungere il proprio scopo.

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La delibera condominiale si contesta con atto di citazione: L'importanza della scomparsa del termine ricorso

Il giudice però ha tenuto a specificare che la sua decisione in tal merito non è stata affatto la prima di questo genere. In particolare è stata così citata una precedente sentenza del Tribunale di Milano risalente al 21 ottobre 2013. E' possibile dunque dichiarare con certezza che, per essere certi di impugnare correttamente una qualsiasi delibera avvenuta all'interno del proprio condominio, sia necessario farlo attraverso un atto di citazione, tralasciando del tutto la vecchia prassi ormai obsoleta e inutilizzabile che permetteva di sfruttare una forma quale il ricorso. L'articolo 1137 presenta inoltre una specifica inerente coloro i quali sono reputati legittimamente autorizzati a procedere con l'impugnazione di una qualsiasi delibera condominiale. In particolare il riferimento è nei confronti dei condomini astenuti in fase di votazione. Questi, stando almeno alla legislazione precedente, erano considerati alla stregua dei dissenzienti. Ciò era dovuto a un particolare orientamento giuridico della Suprema Corte di Cassazione, ormai del tutto privo di valore giurisprudenziale.


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